Leggendo la Settimana Enigmistica numero 4191, del 21 luglio 2012.
Pagina delle "spigolature".
Cito integralmente, sottolineando qualche passaggio, giusto per il piacere di farlo:
"Chi usa espressioni di stampo straniero come beauty case, footing o manicure dovrebbe sapere che nessun francese o inglese si sognerebbe mai di pronunciarle. Questi presunti prestiti alla lingua italiana sono infatti per lo più travisati o deformati: a Londra il bauletto con gli articoli da trucco è detto vanity case e la corsetta mattutina jogging; e chi a Parigi si tiene in ordine le unghie fa del manucure. Va poi precisato che all'estero certi interventi di chirurgia estetica non si chiamano affatto lifting, ma facelift, e che il luogo attrezzato per ospitare tende e roulotte non è il camping, ma il campsite. Ancora, se invitati a una serata elegante non ci si aspetti che sia d'obbligo lo smoking: gli inglesi quell'abito lo chiamano dinner jacket e gli americani tuxedo."
Si potrebbe allungare la lista, ma fa caldo. Ci limitiamo, ancora una volta, a segnalare come spesso in Italia questo amore, o sottomissione, per la cultura di volta in volta dominante, raggiunge (stavo per scrivere "rasenta", ma qui ci siamo dentro fino al collo) il ridicolo; specie dal punto di vista linguistico, che è uno degli aspetti a mio avviso più lampanti e preoccupanti per le profondità che tocca nell'animo di ognuno.
Chi usa troppi termini inglesi è ridicolo, poiché lo fa spesso senza sapere l'inglese, quasi sempre senza sapere con esattezza il significato della parola che usa, in alcuni casi i termini stranieri non adattati ce li inventiamo noi, in casa, e in barba alle possibilità innovatrici dell'italiano; l'importante è non parlare la nostra lingua, così provinciale.
Ma se non parliamo italiano, e nemmeno inglese, o francese, che cosa vogliamo parlare? Che cosa possiamo pensare autonomamente e approfonditamente?
Ant.Mar.
Nessun commento:
Posta un commento
ogni commento non costruttivo sarà eliminato.